“Adoro i gelati: crema gelida satura di latte, grasso, aromi artificiali, pezzi di frutta, chicchi di caffè, rum; gelati italiani di consistenza vellutata che formano monumentali scale di vaniglia, fragola o cioccolato; coppe gelato che crollano sotto il peso della panna, della pesca, delle mandorle e di ogni sorta di sciroppo; semplici stecchi dal rivestimento croccante, delicati e tenaci insieme, che si gustano per strada tra un appuntamento e l’altro, o le sere d’estate, davanti alla televisione, quando siamo sicuri che solo così avremo un po’ meno caldo, un po’ meno sete; e infine i sorbetti, sintesi riuscita di ghiaccio e frutta, che rinfrescano con vigore e si sciolgono in bocca come una colata gelida”.
Quando la mia passione per la lettura mi ha fatto “gustare” questo stralcio scritto da Muriel Barbery nel suo romanzo “Estasi culinarie”, ho subito pensato che l’autrice, più conosciuta per “L’eleganza del riccio”, avesse fatto esperienza di gelato alla gelateria Firenze “Caffè delle Carrozze”
Poi, però ho riletto il brano e l’aggettivo “artificiali” accostato ad “aromi” mi ha dato la certezza che la Barbery non sia mai sta in questo paradiso dei gelati a due passi dal suggestivo Ponte Vecchio.
Al “Caffè delle Carrozze”, infatti, non c’è nulla di artificiale, men che meno gli aromi. Ogni singolo ingrediente è naturale, privo di glutine, tanto da poter soddisfare anche i palati celiaci, vegani e vegetariani. La frutta è frutta. Il latte è latte. Non ingredienti che vengono chiamati così ma non hanno le caratteristiche organolettiche per essere tali.
Prodotti di altissima qualità, acquistati direttamente da produttori che fanno del loro mestiere una vocazione, a km 0 per far conoscere le meraviglie della Toscana attraverso la magia del gelato.
Mirtilli e lamponi della Garfagnana, pesche di Grosseto. Per poi aprire la propria gamma di prodotti ad eccellenze italiane come i pistacchi di Bronte e le nocciole del Piemonte.
Ricordo la prima volta che ho assaggiato il gelato del “Caffè delle Carrozze”. Mi trovavo a Firenze come una della moltitudine di turisti provenienti da ogni parte del mondo, per una gita culturale. Era giugno e faceva piuttosto caldo. Così nel pomeriggio ho chiesto all’hostess della reception dell’Hotel dove soggiornavo se poteva indicarmi una buona gelateria.
Così mi ha consigliato il “Caffè delle Carrozze” dicendomi che lì facevano gelati da leccarsi i baffi. Ed aveva ragione.
Io non mi posso definire una golosa. Piuttosto sono una che o il gelato è buono o preferisce non mangiarlo. Inevitabilmente finisco per mangiare pessimi gelati che puntualmente non riesco a terminare, per la gioia del mio cane. Non capita anche a voi di distinguere i vari gusti del gelato solo dal colore, finché sono nelle vaschette della gelateria e li stiamo scegliendo? Poi dalla prima leccata inizia un percorso in discesa verso il baratro della delusione. Non si distinguono i vari gusti e in bocca regna sovrana una certa acquosità che di goloso ha ben poco.
Al “Caffè delle Carrozze” il gelato sa di gelato.
È indimenticabile la sensazione che ho provato mentre il gusto zuppa alla strega si scioglieva tra la mia lingua e il palato, donandomi emozioni suadenti.
Ad ogni cucchiaino e ad ogni leccata si sente l’amore per la tradizione, il rispetto per la stagionalità e la filosofia di lavorare gli ingredienti in modo da valorizzare le loro peculiarità, senza adulterarli.
Ora, ogni mostra d’arte a Firenze diventa una buona scusa per un gelato al “Caffè delle Carrozze” un luogo elegante, accogliente dove personale preparato e gentile ti offre una vera e propria esperienza sensoriale, anche con i suoi piatti salati, di altrettanta di qualità.
Una gelateria una (s)panna sopra tutti.